ATTENZIONE

ATTENZIONE: In questo blog leggerete anche parecchie cazzate. Maneggiare il tutto con cura.

martedì 27 maggio 2008

Gran Raid Prealpi Trevigiane: resoconto

Quando sabato pomeriggio ho attraversato il Piave tutto addobbato ho pensato alla coincidenza: era il 24 maggio, e appartenendo ad una generazione a cui ancora si insegnavano a scuola le canzoni popolari/militari, non ho potuto che canticchiare la Canzone del Piave. Giunto a “... il Piave mormorò, non passa lo straniero” mi sono detto: «Vuoi vedere che è un avvertimento, per me, persona di pianura che intende farsi 60 km di montagna??»

Arrivo a Segusino, mi sistemo in palestra, incontro Dario, conosco Giovanni e i due Roberto del forum, con cui andiamo a cena dopo il briefing.

La compagnia e piacevole, ma incute timore. Inutile nascondersi, ho paura di essermi imbarcato in una cosa più grande di me. 60 km non sono uno scherzo, al massimo sono arrivato alla maratona, con dislivello massimo di 2000 metri. Qua siamo a 3500 metri di dislivello, in più ha piovuto ed il terreno sarà pesantissimo.

Nonostante tutto dormo bene e la mattina seguente mi sveglio caricato e pronto.

Non posso nascondere la tensione, ma almeno si parte e non ci penso più.

La prima salita non è durissima, mi fa un po’ male il ginocchio, ma attribuisco l’ipersensibilità alla tensione (la settimana passata non ho avuto un punto del corpo che non facesse male).

Giungiamo al primo ristoro dopo 7 km circa, la giornata sembra volgere al bello, e riparto tranquillo.

Aggancio un gruppetto che fa la “corta” (corta ... sono 34 km!!!) e con loro arrivo alla Malga Marlech, 24° km, prima cima significativa a 1504 metri.

La discesa è dolce, iniziamo però ad essere nella nebbia. L’abbigliamento scelto è ottimale, e procedo bene.

Al Rifugio Posa Puner inizio a mangiare (alla fine la scelta di partire carico in sufficienza idrica e alimentare si rivela ottima) e giungo senza problemi al Passo Praderadego, dove aggangio Gigi, il Lavanda. Poco dopo ci raggiunge Gabriele, il Mudanda, e iniziamo la salita al Col de Moi.

L’ultimo tratto è un muro, spingo con gambe e braccia sui bastoncini, la cima è vicina. Lì prendo fiato, mi fermo a mangiare e bere, mentre Gabriele ci saluta (la settimana prima aveva fatto la 9 Colli, 202 km ...).

La discesa al Passo S.Boldo è tranquilla, dove arrivo dopo 5h35’. Transito tra gli applausi della gente, la speaker mi incita e informa gli astanti che proseguo nella mia fatica. Qua è doverosa una parentesi. Il San Boldo era il traguardo della gara corta, e sotto sotto avevo pensato che se non ce la facevo poteva essere il punto per fermarmi senza infamia (ma anche senza lode). Il fatto di transitare tra le transenne, con una trentina di persone che ti applaudono, m’ha dato la carica per andare avanti.

La giornata al San Boldo è decisamente piacevole, comincio a sentire caldo, e sto per togliermi i bracciali, quando sento la speaker che commenta “Anche loro vanno a disperdersi nella nebbia del Col Visentin”. Un’occhiata e capisco che in cima il tempo non è dei migliori.

E’ la salita finale, che inizia in modo tranquillo, ma che dopo 3 km diventa un muro. E’ il 37° km ed affronto la mia crisi. Mi fermo, bevo e mangio qualcosa, ma sento che lo stomaco mi si sta chiudendo. Capisco che a questo punto è la testa che mi farà andare avanti. Riparto e giungo, un po’ sulle gambe, al Pian del Le Formene. Qua mi accorgo che ad un certo punto, nel togliermi lo zaino, ho stoppato il cronometro. Presumendo che siamo partiti puntuali dovrei aggiunger 30 minuti circa, ma sul chilometraggio non ho riferimenti.

Breve tratto in falsopiano dove però inizia il maltempo.

Inizia a piovere, la visibilità è a 10-15 metri, tira forte vento. Indosso la giacca antipioggia e proseguo. Il Col Visentin è di fronte a me, lo vedo sgombero di nuvole, so dove devo andare a parare.

In questo momento capisco che al traguardo ci arrivo. Mentalmente è la svolta.

La salita è dura sulla forestale, impervia sui sentieri. Raggiungo Giovanni, lo passo, ormai è un ognuno per sè, anche se so che in discesa ci passeremo nuovamente il testimone.

Il Col Visentin ormai è immerso nella nebbia. Mi colpisce un cartello “Ristorante aperto. Sono 48.5 metri. Fateli a piedi”. Io ne ho appena fatti 50000 e devo ancora affrontare l’ultima, impegnativa, discesa.

Tengo a ringraziare ancora tutti i volontari, in special modo quelli del Soccorso Alpino, e spero mi perdoneranno nel sentirmi dire che mentre affrontavo la discesa, nei tratti più impegnativi, vederli mi dava fastidio, quasi fossero lì ad aspettare che qualcuno si facesse male. Lo so che è antipatico, ma pensare di farsi male dopo 55 km mi ha spaventato non poco.

La discesa finalmente è finita, c’è il tratto finale in piano: si costeggia il lago, mi godo il momento. Mi dico «ormai la maglia non me la toglie più nessuno !!! » e riesco anche a godermi l’ultima deviazione, quando a 100 metri dal traguardo ci fanno costeggiare un laghetto per 4-500 metri.

Arrivo a braccia levate, non riesco ancora a capacitarmi del fatto d’essere arrivato.

Sono passate 11 ore e 9 minuti da quando sono partito.

Alcuni volontari vogliono farmi sedere per forza, ma io non ce la faccio a stare fermo, cammino e cammino, chiamo casa per rassicurare che sono ancora vivo ..., devo scaricare la tensione.

Non resta che tornare a Segusino e poi a casa. Ormai sono su un altro pianeta, anche l’attesa infinita per partire non mi disturba, è l’occasione per chiaccherare con altri concorrenti, parecchi dei quali riconosciuti come utenti del forum di Spirito Trail.

Mi coccolo la maglia da finisher e visto che sono un vanitoso, la indosserò alla LUT il prossimo mese.


1 commento:

Furio ha detto...

Grande Distinto!

Ps la giacca arancione del decathlon fa parte anche del mio guardaroba antipioggia ;)

IO NON GETTO I MIEI RIFIUTI

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